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Quando iniziamo un nuovo progetto, sia esso legato alla vita professionale o personale, siamo alimentati dalla motivazione, cioè da una spinta che ci guida nell’azione.
Esistono due tipi di motivazione: la motivazione intrinseca e la motivazione estrinseca.
La motivazione intrinseca è una sorta di commitment personale: una spinta profondamente interiore che ci tiene ancorati alle nostre attività per il “semplice piacere o gusto di farlo” ed è determinata dal desiderio e dalla soddisfazione di raggiungere un obiettivo. E’ quella “cosa” in cui crediamo fortemente, che ci fa battere il cuore, che ci coinvolge completamente e che ci fa sperimentare il piacere di essere impegnati in qualcosa di interessante e di valore.
La motivazione estrinseca, invece, spinge all’azione in virtù di una ricompensa o per evitare circostanze negative (una punizione, un richiamo, un licenziamento…).
Non è possibile stabilire se una sia migliore dell’altra perché strettamente connesse con le caratteristiche soggettive di un individuo, ma possiamo certamente affermare che entrambe devono portare alla definizione di obiettivi chiari e ben definiti.
Anche gli obiettivi si distinguono in due differenti tipologie: obiettivi risultato ed obiettivi performance.
Gli obiettivi risultato, generalmente espressi in forma “numerica”, sono il frutto della combinazione tra performance di un soggetto e azioni/reazioni del contesto: aumentare il mio fatturato, il numero di clienti e di interazioni dipende dal mio lavoro ma anche dalle scelte dei clienti, dalle azioni dei miei competitors e dal contesto.
Concentrarsi su obiettivi risultato implica uno sdoppiamento delle proprie energie: 50% sulla performance personale e 50% sul controllo di tutte le variabili esterne e non controllabili.
Nella realtà queste percentuali variano bruscamente. Il 50% di attenzione dedicata alla performance è destinato a calare a causa degli alti livelli di ansia generati dall’impossibilità di controllare tutto ciò che esterno a noi: tanto più non riuscirò ad avere il controllo delle variabili esterne, tanto più mi dedicherò a questa estenuante e frustante attività. Il risultato sarà un elevato livello di ansia ed uno scarso raggiungimento degli obiettivi.
Gli obiettivi performance si concentrano, al contrario, su ciò che dipende da noi e riguardano le nostre azioni. Rispondono alle domande: cosa posso fare io per raggiungere questo obiettivo? Quali azioni concrete posso compiere?
Focalizzarsi su ciò che dipende da noi migliora i nostri livelli di attenzione e concentrazione ed aumenta la possibilità di raggiungere gli obiettivi risultato.
Come fare, quindi, per non cadere nella trappola dell’ansia da prestazione?
La formula è la seguente:
1. definire con precisione i propri obiettivi risultato valutando le proprie motivazioni intrinseche ed estrinseche: cosa voglio raggiungere? E perché?
2. scomporre gli obiettivi risultato in obiettivi più piccoli e declinare ognuno di essi in termini di azioni strategiche da compiere: cosa posso fare io per…?
In questo modo gli obiettivi risultato fungeranno da “faro” mentre saranno gli obiettivi performance e le azioni strategiche ad esse legate a guidarci nella giusta direzione verso il raggiungimento del nostro successo.
Nel Personal Branding capita che la nostra attenzione di diriga spesso sugli obiettivi risultato: quanti like? Quanti contatti? Quante persone hanno letto i mio post? Quante visualizzazioni? E rispetto ai miei competitors? E così si perde il focus e ci si ritrova a rincorrere dei risultati numerici trascurando la qualità del proprio lavoro.
Se hai deciso di intraprendere un persorso di Personal Branding, o sei impegnato in un nuovo progetto o lavoro, significa che hai bisogno di investire su te stesso, sul tuo tempo e le tue energie: è fondamentale che tu sia concentrato e sia libero dall’ansia da prestazione!…il resto verrà da sé.
Buon lavoro!
Foto di Marc da Pexels